L’Estate 2021, ancor più della precedente, vede la montagna protagonista. Il ché per un montanaro impenitente come il sottoscritto è un’ottima notizia.
Milioni di italiani ed europei hanno scelto di trascorrere le proprie vacanze in quota, tra boschi, trekking, un po’ di fresco che non guasta mai, la buona tavola e, perché no, una birra fresca.
Tra le mete più ambite ci sono, dati alla mano, le Dolomiti e la provincia di Trento in generale. Proviamo allora a creare un itinerario immaginario, ma facilmente esperibile tra valli, laghi e vette, sempre in compagnia delle birre artigianali locali.
Già perché in Trentino si fa birra da moltissimo tempo e con un intreccio di tradizioni e stili difficilmente percepibile da chi non conosce il territorio e i suoi produttori.
Cominciamo col dire che qui, tra la Val d’Adige e le Prealpi, nell’età del bronzo si sono insediati i Reti, popolazione antichissima che prende il nome dal condottiero Reto, la cui lingua è in parte collegata, secondo studi recenti di linguistica, a quella degli Etruschi. Tito Livio era certo che i Reti fossero diretti discendenti degli Etruschi padani, mentre Plinio più prudentemente sosteneva che esistevano alcuni legami tra i due popoli. Qualcuno ebbe a dire anche i Reti erano addirittura Etruschi imbarbariti, che avevano conservato solo l’accento, alcune parole e il modo di bere birra.
Nel tempo poi sono arrivati i Longobardi, i Goti e più avanti il Sacro Romano Impero e l’Impero Austroungarico. Tutte culture che hanno lasciato qualcosa nelle consuetudini e nei gusti della popolazione e che ritroviamo nelle birre spillate nei numerosi beer garden del territorio.
Merita di essere raccontata anche l’incredibile storia degli abitanti di un’intera Valle, quella di Ledro, sopra l’alto Garda che, all’inizio della Grande Guerra, il 23 maggio del 1915, furono caricati sui treni e trasferiti in Boemia e Moravia, per allontanarli da una zona divenuta teatro militare, per la sua posizione strategica.
Molti di loro, in prevalenza vecchi, donne e bambini perché gli uomini erano al fronte, non avevano mai oltrepassato il confine della valle. E si trovarono a vivere per anni dall’altra parte d’Europa. Oltre 400 non fecero mai ritorno.
Ma poi la guerra finiì e nei decenni successivi molti di loro tornarono e mischiarono lingue e culture, vite e perfino il gusto per la birra. Non è un caso infatti che a Ledro si trovi un birrificio artigianale che produce stili ispirati proprio alla Boemia e alla mitteleuropa.
Oggi possiamo dire che il movimento birrario trentino è decisamente in fermento. Dal capoluogo Trento, alla bellissima Val di Non, dalla Val di Cembra fino alle valli dolomitiche di Fiemme e Fassa, passando per Madonna di Campiglio e Pejo, i birrifici artigianali raccontano il territorio e sono una bussola perfetta per scoprire questa regione unica.
Seguendo la via della birra si può infatti cominciare visitando città storiche come la citata Trento e Rovereto. Scoprire poi borghi medioevali e cammini antichi in Val di Non (Cles, Fondo, il Cammino di Anaunia) e arrivare a godersi i gruppi dolomitici fassani, divenuti patrimonio dell’UNESCO: il Sassolungo, il Sella, la Marmolada, giusto per citarne alcuni.
Il movimento birrario trentino nasce nel 1999, con l’apertura del più longevo craft in attività, Birra di Fiemme, ed oggi conta su 27 brand, sparsi in tutta la provincia di Trento. Racconteremo un’altra volta il mondo alto atesino.
La gran parte delle attività sono nate negli ultimi dieci anni, quindi parliamo di un movimento decisamente giovane, ma con radici profonde.
Per lo più si tratta di microbrewery, aziende molto piccole, con alcune eccezioni e svariate realtà in crescita. E la cosa più bella è che in giro si può trovare veramente di tutto. Intendo dire che i birrai trentini non interpretano solo i classici stili che ci si aspetterebbe da queste parti, anzi.
Quasi tutti i produttori creano almeno una birra con ingredienti a km0, oppure si lanciano sulle tendenze più attuali provenienti da tutto il mondo.
Anche dal punto di vista della grafica e della comunicazione. Difficilmente con una birra artigianale in mano, vi sentirete a Monaco. Ed è un bene, per garantire originalità e anima dei prodotti. Per avere un sorso che parla davvero.
Saranno contenti gli amanti delle basse fermentazioni, come quelli che prediligono l’universo delle IPA, fino ad arrivare alle Italian Grape Ale, realizzate qui con mosto da vitigni autoctoni (come il Traminer, il Teroldego, il Marzemino, la Nosiola) e alle fermentazioni ibride o con passaggi in botte. Insomma, una volta arrivati a destinazione, preparate i bicchieri e armatevi di tutta la vostra curiosità. Sempre senza esagerare, beninteso.
Negli ultimi anni inoltre, anche in Trentino come in altre regioni, si sta dando valore al concetto di terroir e di filiera locale della birra. Crescono i birrifici agricoli, cioè quelli che producono la maggioranza delle materie prime utilizzate e la coltivazione del luppolo sia a bassa quota, che nelle valli più alte. Un percorso di sicuro interesse che contribuirà progressivamente a creare una vera e propria identità della birra trentina.
Renato Nesi
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